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Nov 1, 2012
Category: ITA
Posted by: gianfrus

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Jul 12, 2012
Category: Generale
Posted by: gianfrus

Dal 2 al 4 Novembre 2012

 

La rappresentazione del tempo nel mondo Greco Antico e nella fisica moderna: similitudini, differenze e riflessioni

di Alessandro Haag

"Un'ora, non è solo un'ora, è un vaso colmo di profumi, di suoni, di progetti, di climi" (Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto)

Nel presente lavoro si vogliono evidenziare le analogie e le differenze tra il concetto di Tempo nel mondo antico Greco e quello
che emerge nella fisica moderna, in particolare alla luce della rivoluzione quantistica dell'inizio del secolo scorso, dei modelli
cosmologici e delle moderne teorie di unificazione. In particolare, si vuole affrontare il concetto puntuale, lineare e circolare del tempo nell'ottica degli antichi miti greci e confrontarlo con il concetto di tempo emerso nel corso dello sviluppo della fisica.
Nell'antica grecia, fin dall'inizi di quello che è considerato il pensiero filosofico occidentale, ci si è accorti che il tempo non si
presentava alla mente e ai sensi dell'uomo come ogni alta grandezza che lo circondava: benchè fosse infatti misurabile, non poteva essere percorso che in un senso e l'applicazione di analogie con lo spazio dava luogo a particolari paradossi (come il famoso paradosso di Zenone, della tartaruga e di Achille), che ne sottolineavano la natura, apparente o realte, del tutto differente dalle altre grandezze della natura. Il mondo greco ha così subito legato il concetto di tempo a una sua rappresentazione geometrica ma anche a una percezione mentale, creando un "diverso" tempo a seconda dell'oggetto trattato: vi era così la dimensione umana del tempo, rappresentato da una retta e protetto dalla divinità Kronos, che aumentava in modo lineare e non
poteva essere fermato. Così come era inevitabile che il tempo degli Dei (l'età dell'Oro) terminasse per lasciare il posto al tempo degli uomini, così era inevitabile che ogni cosa invecchiasse e morisse, in un eterno viaggio su una retta senza fine. Non essendo gli dei come gli uomini: poichè eterni e immortali, essi dovevano vivere in un tempo diverso, un tempo perfetto, fatto di un eterno e fecondo istante, un punto che si non muoveva, non si evolveva, perchè era il tempo giusto, chiamato e divinizzato in Kairòs, il Tempo Giusto, il Tempo di Dio. In quel tempo per gli dei ogni cosa appariva dispiegata, in una perfetta analogia fra i tempo e lo spazio puntuale che contiene ogni cosa e che è eterno. Infine, c'era poi un altro tempo, quello mitico, quello degli eroi, dove un ciclo si compiva e si richiudeva in se stesso: gli eroi compivano gesta, agivano, lottavano, vincevano e morivano, ma la loro storia era senza tempo, non collocabile nella linea di Kronos, perchè le loro gesta sopravviveno allo scorrere inesorabile degli eoni. Il tempo mitico era un cerchio, descriveva un attimo eterno, un movimento perfetto e immortale, avvenuto fuori dal
tempo ma con una sua struttura temporale: era Aiòn, l'eterno momento, l'intersezione ortogonale fra il tempo e lo spazio.
Anche nella storia della fisica il concetto di tempo si è mostrato da subito dissimile da quello di spazio: le motivazioni scientifiche
erano le stesse che spinsero gli antichi a considerare il tempo qualcosa di fondamentalmente diverso dallo spazio, benchè con esso collegato. Nella celebre e prima equazione della storia della scienza, F=ma, il tempo e lo spazio diventavano  indissolubilmente legati tramite il concetto di movimento: il tempo apparve come un parametro, una freccia che solo per un accidente, solo grazie a un'osservazione sperimentale, risultava andare sempre nello stesso verso, ma che nel modello meccanico dell'Universo poteva benissimo "riavvolto" senza creare scompensi. Poi venne il momento nel quale chimica e fisica si
avvicinarono, nella termodinamica: nello studio della trasformazione delle sostanze, del loro moto e della relazione di elementi
microscopici (molecole) con grandezze macroscopiche (pressione, temperatura, volume), emerse prepotente una nuova randezza,
l'entropia, la misura dell'ordine di ogni cosa, che apparve subito legata al tempo. Così come il tempo dell'universo appariva una freccia con una direzione fissa (e apparentemente arbitraria), così l'entropia dell'universo andava sempre in una direzione, dall'ordine al disordine, in modo non arbitrario ma naturale: fu la prima volta che il tempo appariva "per forza" orientato in qualche modo, ma pur sempre legato al concetto di "movimento" di un sistema termodinamico. Nel secolo scorso, il tempo (come la fisica tutta) venne spezzato in due, tra teoria della relatività e fisica quantistica: la prima legava indossolubilmente lo spazio e il tempo, concedendo a entrambi le medesime caratteristiche e legandoli alla geometria dell'Universo, mentre la seconda di nuovo enfatizzava la differenza fra ciò che era spaziale (e quantizzato) e ciò che era temporale (e quindi continuo): come le due visioni possono trovare una conciliazione è ancora oggetto di uno studio affascinante e continuo.
Lo scopo di tale lavoro, oltre che presentare in modo non rigoroso ma essenziale questi punti di vista (mitico e scientifico), è
evidenziarne analogie e differenze, portando la riflessione sull'eventualità di un tempo "a spirale".

Alessandro Haag.
Nato a Pescara nel 1976, si è laureato in Fisica delle Particelle Elementari con una tesi svolta presso il laboratorio del Gran Sasso. Dal 2002 è diventato un IBMer. Appassionato di filosofia e storia delle religioni, meditazione Zen e giochi di ruolo, ha scritto nel 2005 il libro Fisica LIsergica, una guida per riscoprire i legami, non episodici e non superficiali, tra le conquiste della Fisica teorica e quel che è stato affermato nel corso della rivoluzione psichedelica degli anni sessanta e in particolare dallo psicologo e dal moderno ierofante Timothy Leary.