Le considerazioni di Jeremy Rifkin sulla “Civiltà dell’Empatia” e di Jean Piaget sull’“Educazione internazionale”: implicazioni per la formazione dei giovani.
Renato Ciofi IannitelliLo scenario mondiale attuale caratterizzato dalla globalizzazione, dalla crisi economica nel mondo
occidentale, dalla delocalizzazione, dai disastri ambientali, dalle migrazioni e da società sempre
più multiculturali, è stato recentemente analizzato dall’economista e sociologo statunitense Jeremy
Rifkin, autore di numerosi saggi sull’impatto che i cambiamenti scientifici e tecnologici hanno
su economia, lavoro, società e ambiente, in una prospettiva universalista basata sull’empatia, facoltà umana che trascenderebbe le differenze
storiche e culturali avendo il suo fondamento biologico nei neuroni specchio di cui è dotata
sia l’intera specie umana, sia molte altre specie animali. Tuttavia, secondo Rifkin, lo sviluppo
di una matura coscienza empatica, a partire da un iniziale impulso empatico, dipende dalla
qualità delle relazioni umane e dall’educazione. L’autore ripercorre alcune tappe cruciali della
storia dell’umanità confutando l’idea che alla base delle relazioni umane vi sia la competizione,
l’aggressività, l’egoismo, la lotta per la sopravvivenza garantita ai più forti, per evidenziare, al
contrario, la natura gregaria della specie umana e l’istinto alla socialità come pulsione primaria
basata sul senso di reciprocità, elemento costitutivo delle relazioni, senza la quale, probabilmente, il
genere umano sarebbe già estinto.
Per quanto riguarda le problematiche legate all’educazione e alla formazione si intende in questo
contributo fare un breve accenno alle storiche considerazioni avanzate dallo psicologo ed
epistemologo svizzero Jean Piaget già negli anni ’30, nel periodo fra le due guerre mondiali, circa
la necessità di una educazione internazionale che proponesse schemi mentali rinnovati in grado
di coordinare i differenti punti di vista che interagiscono sulla scena mondiale, per proseguire
poi con le attuali posizioni di Goleman e di Rifkin sui vantaggi di incrementare la
cooperazione negli ambienti di studio e di lavoro e di enfatizzare in questi ambienti la sensibilità
empatica , considerata indispensabile per gestire un ambiente di lavoro collaborativo.
Acquisire una “maturità empatica” significa infatti aumentare la capacità di convivere con
sentimenti e pensieri conflittuali, sapersi accostare ai problemi da prospettive differenti,
essere in grado di ascoltare il punto di vista degli altri, in questo senso la maturità
empatica è fortemente correlata allo sviluppo del pensiero critico. L’approccio empatico
nell’educazione ha dimostrato di favorire nei giovani una maggiore introspezione ed
apertura emotiva, grazie all’aumento dell’attenzione, del senso di responsabilità e della
capacità di comunicazione, caratteristiche che rendono le persone più tolleranti e meno
giudicanti.
Renato Ciofi Iannitelli
Insegnante di Lettere nella scuola secondaria di I grado, attualmente in congedo per Dottorato di Ricerca in Pedagogia presso il Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università degli Studi di Roma Tre. Si occupa da alcuni anni di approfondire argomenti di carattere psicopedagogico riguardanti prevalentemente l’adolescenza. Per questo, oltre il titolo d’accesso all’insegnamento, Laurea in Lettere, ha conseguito la Laurea Magistrale in Scienze Pedagogiche. Ha pubblicato alcuni articoli: sullo sviluppo intellettivo durante l’adolescenza, sulla relazione educativa con adolescenti e su alcune proposte didattiche, avendo come punti di riferimento particolarmente la teoria cognitiva di J. Piaget e gli studi di G. Petter.